Portafoglio in certificati

In questo Blog si è parlato spesso di portafogli di investimento costruiti utilizzando classi di attivi quali ad esempio: azionario americano, azionario emergente, obbligazionario europeo, oro o cryptovalute. In questi casi avevo utilizzato come strumento per investire gli ETF/ETP. Parlerò in questo articolo di come affrontare un portafoglio utilizzando i certificati.

Portafoglio in certificati: criticità

Quando costruiamo un portafoglio in classi di attivi classici abbiamo a a disposizione ampia letteratura in materia e diversi esempi. La costruzione di un portafoglio di certificati di investimento può non essere immediata. Intanto distinguiamo 2 gruppi di certificati di investimento, quelli su singole azioni (o basket di azioni) e quelli su indici/ETF/Fondi.

In questo articolo considererò solo la costruzione di portafogli con prodotti su azioni singole e basket di azioni. Consiglio lo studio di alcune delle guide proposte nell’articolo di introduzione ai certificati a chi è poco pratico, poiché nell’articolo parlerò di alcune caratteristiche specifiche di questi prodotti.


Certificati e ETP nella costruzione del portafoglio

Iniziamo ad individuare una serie di criticità rispetto a un portafoglio composto da ETF/Fondi o comunque da classi di attivi rappresentabili con indici :

  1. I Fondi/ ETF (almeno quelli più utilizzati e conosciuti) hanno uno spread denaro/lettera contenuto e maggiore liquidità e sono meno sensibili alle bizze dei Market Makers.
  2. I Fondi/ ETF (almeno quelli più utilizzati e conosciuti) rimangono disponibili per l’investitore a lungo, mentre un certificato ha una scadenza e può essere richiamato in anticipo (autocall).
  3. Le caratteristiche dell’indice sottostante (rendimento atteso e volatilità) sono replicate fedelmente dagli ETP mentre per un certificato non è così visto che la sua sensibilità al sottostante può cambiare nel tempo avvicinandosi alla scadenza o a una data di autocall.
  4. Dobbiamo mettere in conto il rischio credito ovvero la possibilità che un emittente possa non fare fronte ai suoi impegni. Nel caso dei fondi/ETF il patrimonio è segregato rispetto agli asset della società di gestione.
  5. Questi certificati hanno generalmente come sottostante solamente titoli azionari.

Per il momento vediamo solamente la criticità del punto 3.

Approccio metodologico: la dimensione del problema

Partiamo considerando i certificati su singola azione e prendiamo ad esempio il FTSE MIB: possiamo calcolarci le caratteristiche dei suoi 40 componenti ipotizzando di voler utilizzare la Modern Portfolio Theory (MPT):

Avremo quindi per le nostre decisioni 860 dati di input (sopratutto correlazioni) che sono un numero gestibile. Se ogni azione fosse l’unico sottostante per ipotesi di 10 certificati ( e ogni certificato potrebbe avere un comportamento diverso dall’azione, pensiamo ad esempio a un certificato con barriera la 80% rispetto a uno al 50% o con scadenze diverse) la massa di input necessari aumenterebbe di 100 volte. Se poi considerassimo tutte le possibili combinazioni di certificati con più titoli avremmo migliaia di certificati con una esplosione degli input. Abbandoniamo per il momento la strada della MPT. (ma la riprenderò in questo articolo)




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Scomporre il problema

Per semplificare il problema potremmo scegliere una serie di azioni da cui voler partire, frutto ad esempio di analisi di tipo fattoriale (Momentum, Value etc..) o di altro tipo, raggrupparle in gruppi omogenei (ricordando però che la correlazione tra azioni è meno forte e stabile di quella tra indici ) ed infine scegliere un certificato per ogni gruppo di azioni( o una azione per gruppo), puntando poi su una certa omogeneità nella tipologia dei certificati come scadenza e livello di protezione.

La scelta di basket di azioni molto simili/correlate non è così banale, inoltre certificati basati su basket correlati sono meno ricchi a livello di cedole e/o protezione.

Numero di certificati in portafoglio

Nell’articolo su quante azioni avere in un portafoglio 100% azionario ho indicato alcuni pareri sul grado di diversificazione che dovrebbe avere un portafoglio. Possiamo riprendere alcune conclusioni ovvero che un portafoglio con 20-30 partecipazioni sia diversificato.

Questo significa una esposizione del 3.3%-5% sul singolo certificato/titolo e si può combinare questo rischio con le criticità al punto 1 e 4 ovvero liquidità del singolo prodotto e rischio emittente. Il fatto di utilizzare prodotti a capitale parzialmente protetto o con strutture di tipo airbag potrebbe permettere di aumentare l’esposizione sul singolo prodotto arrivando ad avere 10-15 prodotti. In sintesi 3-4 prodotti per 4-5 emittenti.

Un approccio più ampio è quello di valutare quanta parte del proprio portafoglio destinare alle azioni e quanto di questa componente azionaria destinare ai certificati. Questo permette una riduzione del numero dei prodotti da scegliere e seguire.

Queste che ho elencato sono mie considerazioni personali, purtroppo i certificati d’investimento e i prodotti/bond strutturati non sono molto di moda nel mercato americano (dove si utilizzano maggiormente le opzioni) quindi manca materiale di studio proveniente dalla fonte principale di ricerche in ambito finanziario.


L’approfondimento sui portafogli in certificati continua qui: Uso della Modern Portfolio Theory nei portafogli di certificati.

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